Incontriamo Ákos Topolánszky

Ákos TOPOLÁNSZKY è un pastore della Chiesa calvinista, un esperto sociologo e anche un esperto di politiche in materia di stupefacenti. Ha lavorato come vice segretario di Stato per la prevenzione all’uso di droghe e attualmente lavora come pastore presso l’istituto calvinista per i giovani rom ed è membro del Comitato economico e sociale europeo.
Il momento rivelatorio
Ákos TOPOLÁNSZKY ha iniziato a lavorare come attivista insieme ai tossicodipendenti negli anni Settanta, quando l’Ungheria era ancora sotto il regime comunista e la tossicodipendenza era un tabù assoluto per motivi politici. Nessuno parlava del problema, anche se era presente. Ha vissuto per le strade insieme alla persone che soffrono di dipendenze e si unì a una comunità illegale di circa 60-70 membri. Questa comunità cristiana era del tutto aperta: gli incontri che organizzava vedevano la partecipazione di tutti i membri della società: giovani, artisti, intellettuali, tossicodipendenti, criminali, operatori del sesso e oppositori ai nuovi orientamenti di pensiero. La loro missione era quella di costruire delle connessioni e di cercare di combattere la stigmatizzazione dei tossicodipendenti, che in quel momento rappresentavano il gruppo più emarginato della società.
La prima vittoria
La sua più grande vittoria è stata quella di riuscire a sviluppare l’intera politica antidroga dell’Ungheria e di far parte del processo decisionale e di creazione delle istituzioni necessarie per far funzionare tale sistema. Lui è felice di aver avuto l’opportunità di assitere ai grandi cambiamenti che hanno interessato il suo paese, come quando l’Ungheria ha iniziato a sviluppare la politica antidroga nazionale, quando ha affrontato la questione dei senzatetto alla vigilia del cambio di regime o quando vennero stabilite delle garanzie per gli operatori del sesso.
Gli incidenti di percorso
Nonostante il suo successo, il signor TOPOLÁNSZKY si dispiace di dovere ancora assistere alla morte delle persone o alla loro incapacità di allontanarsi dai percorsi di autoduistruzione che hanno imboccato, anche se lui e la sua organizzazione hanno fatto del loro meglio. Inoltre, sperava che il sistema politico avrebbe smesso di rivolgersi prevalentemente alla classe media e di concentrarsi esclusivamente su come mantenerne il benessere. Attualmente, Ákos TOPOLÁNSZKY ritiene che gli individui che vengono emarginati, stigmatizzati o esclusi dalla società, non sono considerate “utili” dalla stessa e, di conseguenza, le loro storie non vengono raccontate.
Meccanismi di adattamento
Mr. TOPOLÁNSZKY non si lamenta delle situazioni di stress in cui si è trovato, poichè le considera parte del suo lavoro. Egli ritiene che sia importante per gli attivisti capire che se lavorano con delle persone emarginate dalla società, che devono imparare a vivere quotidianamente con le relative conseguenze di ciò, queste persone potrebbero agire in modi a cui non siamo abituati . Ciò è del tutto normale ed è dovuto al modo in cui noi, in quanto società, li abbiamo trattati.
L'estremismo spiegato ad un bambino di 5 anni
Egli crede che non sia necessario spiegare il razzismo a un bambino di 5 anni. I bambini non hanno ancora perso la loro empatia; vedono il mondo in modo diverso dagli adulti. Come cita una nota frase: Nessuno nasce razzista. Sono le istituzioni come la scuola e l’ambiente di lavoro che ci insegnano come odiare gli altri. Tuttavia, quando si cerca di spiegare il razzismo e l’estremismo, il sig. TOPOLÁNSZKY valorizza il potere dei metodi interattivi, attraverso i quali la persona viene coinvolta, anche emotivamente, da un problema sociale. Queste esperienze aumentano il successo dei progetti finalizzati alla prevenzione.
Confessioni di un'instancabile attivista
Per Ákos TOPOLÁNSZKY, è la parola della Bibbia che gli fornisce la forza di andare avanti. Egli considera “i fratelli più piccoli”, dei quali Matteo 25:40 e Matteo 25:45 fanno menzione, come le persone con le quali egli lavora. I fratelli più piccoli sono quelle persone che la società non vuole accettare, in quanto affrontare e riconoscere i loro problemi li disturberebbe troppo. La Bibbia narra proprio delle persone più bisognose, escluse dalla società, umiliate da altre persone e ritenute diverse dagli altri membri della società.
Suggerimenti per gli attivisti indecisi
Mr. TOPOLÁNSZKY ritiene che se qualcuno vuole agire contro l’estremismo, questi dovrebbe calibrare il proprio approccio in base alla propria età e all’esperienza personale. Quando aveva 20 anni, ha vissuto per le strade con i tossicodipendenti e ha offerto loro direttamente il suo aiuto. Oggi egli ritiene che il suo lavoro abbia un impatto maggiore se svolto in un ufficio, occupandosi di fornire sostegno e partecipando al processo decisionale politico.
Tuttavia, ritiene che se qualcuno dimostra di avere la volontà di lottare per le persone che vengono escluse dalla società, questi dovrebbe capire che essi tendono a condividere la stessa storia, spesso riassumibile nella mancanza di opportunità. Non decidono di diventare dei senzatetto o di commettere un crimine, di uccidere le persone o di diventare tossicodipendenti, ma si sentono, al contrario, costretti a prendere simili strade, a casua della totale assenza di altre opzioni nella loro vita. L’autodistruzione è in un certo senso un processo causato dalla negligenza, dalla mancanza di amore, dalle umiliazioni, dagli abusi, subiti soprattutto durante l’infanzia, e ciò che aggrava ulteriormente la situazione è la loro stigmatizzazione, in funzione della quale la maggior parte delle persone si comporta come se l’avere scelto simili percorsi fosse colpa loro. Nella maggior parte dei casi, non si tratta di una scelta, ma piuttosto di una conseguenza. Abbiamo bisogno di ascoltare attentamente le loro storie personali per essere in grado di aiutarli e di fornire loro nuovi percorsi da seguire, offrendo loro nuove prospettive.
Se la gente capisse che tutte queste persone ai margini della società non hanno fatto nessun errore di proposito e che le loro azioni sono unicamente imputabili alla mancanza di altre opzioni, sarebbe possibile dimostrare maggiore empatia nei loro confronti. È così che si inizia. Prestando attenzione, ascoltando e sforzandosi di comprendere la storia altrui.
Si deve sempre credere nel potere dell’amore puro. Se le persone in stato di bisogno capiscono che siete capaci di dimostrare loro una reale empatia e che li accettate per quello che sono, l’autodistruzione non rappresenterà più una opzione. Questa è la chiave per cambiare noi stessi e gli altri.